Il Palazzo Pompilj è una bella costruzione tardo-barocca eretta nella seconda metà del XVIII secolo nelle adiacenze di Porta del Mulino e del plano sciotto (piano pulito) dove venivano giustiziati i briganti, su un piazzale lastricato dal quale si può ammirare l’intera vallata del Tavo. La facciata dell’abitazione signorile, oggi purtroppo ridotta in pessimo stato, presenta due file di fenditure incorniciate con al centro una finestra dal timpano triangolare che sovrasta un balconcino sorretto da una mensola in pietra dai motivi floreali, lavorata da artigiani locali. Due gli ingressi: quello secondario è posto sul retro dell’edificio, superato un suggestivo vicolo sormontato da archetti in laterizio. Da notare le ampie volte a crociera e a padiglione delle stanze del piano nobile e delle cantine e le decorazioni a stucco presenti nella facciata. Una vecchia leggenda popolare racconta come il barone Pompilj (soprannominato “Coccia Secca”) possedesse tante ricchezze ma durante la grave carestia del 1817 non volle dare niente a nessuno per sfamarsi. In seguito il Coccia Secca morì e venne sepolto nella chiesa Madre dedicata a San Nicola Vescovo, patrono del paese. Nell’anno 1910, mentre il tempio, risalente al Medioevo, veniva abbattuto per essere poi ricostruito dalle fondamenta, si presentò una vecchia chiamata Maddalena Colaiezzi, che disse agli operai: “Attenzione, in questa tomba vi è sepolto il barone Pompilj, lo ricordo bene”. Allora gli operai addetti alla demolizione, con attenzione, scoprirono la tomba e la Maddalena prese il teschio e lo portò vicino a casa sua, in mostra a tutti i passanti, dicendo: “Questa è la testa del barone Coccia Secca che, nel 1817, fece morire tanta gente di fame!”. Da documenti conservati all’Archivio di Stato di Teramo recentemente studiati dal prof. Elio Fragassi e da Antonio Costantini appuriamo che nel 1788 Domenico Pompilj, alias Cocciasecca, reclamava il possesso dei terreni del Beneficio di San Giovanni (colle sopra l’attuale contrada Samueli) e nel 1794 un altro Pompilj, tale Xaverio, si adoperava per la costruzione di una cappella in Villa Cupoli, probabilmente l’attuale chiesetta di S.Maria Addolorata (notare l’iscrizione in facciata ruralis ediculae sine confugio e la data 1796). Vi è infine una scultura in pietra del 1783 con lo stemma di Farindola, proveniente da un ex mulino demaniale in c.da Centrale, dagli anni ’70 conservata presso la Sala Consiliare per interessamento del prof. Mario Marano Viola, che reca incisi tra gli altri il nome di Domenico Pompilj CAM.co (Camerlengo). In questa zona si trovava un’altra porta di accesso al paese, Porta Mulino, tutt’ora ben visibile, si conserva ancora della porta l’originale architrave in legno.