“La “macchina” mi affascinò immediatamente, capii di essere giunto nel “cuore” del mulino. Il ritrecine è la parte più importante del mulino; tutto quello che troviamo intorno, edificio, oggetti, macine, canali, sentieri, non avrebbe significato senza questa strana ruota. Ha il fascino di una macchina leonardesca e il  mistero di un mostro mitico che vive nel fondo di una grotta.”

Edoardo Micati

Questo mulino ad acqua, la cui fabbrica – pressoché intatta – risale alla prima metà del XIX sec. ma che ha probabilmente origini più antiche, si trova in località Trosciano Inferiore, sulle vecchia strada che risaliva a Penne costeggiando il fiume, in un tracciato viario di notevole interesse archeologico: vi sono testimonianze di luoghi di culto alto-medievali come l’abbazia di S.Salvatore a Tavo, oltre a ville e fattorie romane parzialmente indagate nella prima metà del 1900. Molteplici nei secoli le  attività produttive che si sono sviluppate nelle vicinanze dei fiumi, utilizzando la forza motrice delle acque e che hanno permesso di alimentare mulini, frantoi, gualchiere, segherie, cartiere. Il mulino in analisi appartiene alla tipologia definita a ruota orizzontale o ritrecine, costituiti da due o tre palmeti mossi da un piccolo e veloce corso d’acqua, il formale, su cui viene posizionato a cavallo l’edificio. La forma architettonica di quest’ultimo è riconducibile alla casa rurale, a due – tre piani, detta italica; costituita da due soli grandi vani, uno al piano terra per gli animali e gli attrezzi e uno al piano superiore per l’abitazione del contadino. Proprietari dello stabile, che aveva anche una fornace per la cottura dei mattoni, furono i Frattaroli, ricchi possidenti terrieri che assieme ai De Vico, ai Carusi, ai Valentini etc… erano una delle famiglie di Farindola più in vista dell’epoca. In Per Filippo Frattaroli di Farindola contra Domenicantonio Lavalle ed altri coloni Nella Suprema Corte di Giustizia (Napoli, 1845) si fa riferimento al Feudo di Trosciano, allora rustico e disabitato; dal 1507 al 1519 ne ebbero investitura i marchesi Castiglione di Penne, poi passò alla famiglia Leognani Ferramosca, dalla quale Don Filippo Frattaroli acquistò il vasto terreno nel 1829. Alla Madonna del Carmine è intitolata la bella chiesetta padronale annessa al mulino, edificata in uno stile tardo barocco che prelude al neoclassico, la quale custodisce  al suo interno una conocchia di S.Domenico da Guzman e due grandi quadri di buona fattura, i più importanti conservati in paese e attualmente oggetto di studio da parte del sottoscritto, raffiguranti la Gloria di San Filippo Neri e la Sacra Famiglia. Un’altra tela testimonia la devozione dei Frattaroli alla B.V. Maria del Monte Carmelo ed è conservata nella scalinata interna del Palazzo Ducale Farnese, che nell’Ottocento venne acquistato dalla famiglia alto-borghese (in seguito alcuni locali della maestosa casa nobiliare furono adibiti  a uffici comunali mentre davanti vi era il carcere). Colgo l’occasione per invitare Edoardo Micati, il maggior esperto di eremi abruzzesi e architettura agro-pastorale in pietra a secco, appassionato di mulini ad acqua, ad effettuare un sopralluogo ai fini di uno studio più approfondito dello storico immobile farindolese!

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C.da Trosciano Inferiore 65010 Farindola PE